SCONTRO
DI CIVILTÀ di Ida Magli
Sentendo i commenti che vengono fatti riguardo all'attacco all'America, ci si rende conto che, malgrado qualche avvertimento sulla necessità di riflettere sul mondo islamico, le interpretazioni sono del tutto inadeguate. Il motivo di questa inadeguatezza nasce in pratica da un solo fattore: il rifiuto dell'Occidente di capire che il proprio modo di vivere, i propri costumi, i propri valori, non soltanto non sono giusti in assoluto, ma non possono essere assunti da altri popoli. I nostri politici, sia in Europa che in America, annegano da anni in un mare di retorica sulla "pace", sull'"uguaglianza", sui "diritti dell'Uomo", con la convinzione che nessun popolo e nessun individuo possa non essere d'accordo; ma si tratta di una convinzione priva di realtà e comunque dettata, anche se in buona fede, dall'indiscusso primato dell'Occidente. A nulla è servito tutto il sapere degli antropologi, accumulato in secoli di ricerche, sul "punto di vista dell'indigeno", come lo chiamava Franz Boas, indispensabile per capire la realtà della vita dei vari popoli. Se, viceversa, proviamo a mettere in atto il principio del "punto di vista" (sperando che nessuno voglia intenderlo come un tentativo di giustificazione di quello che è successo), dobbiamo per prima cosa smettere di definire con i nostri termini e i nostri concetti le azioni e i valori del mondo islamico.
Primo
punto: noi chiamiamo "terrorismo" uccidere civili, persone
"innocenti", e quindi atti nefandi e non ammessi dal
"diritto". Nel mondo islamico non esiste differenza fra diritto
civile e diritto religioso, per cui chiunque appartenga all'Occidente satanico,
nemico di Allah, può e deve essere ucciso. Secondo punto: non esiste il
concetto di un "tempo di pace" perché il fedele di Allah ha l'obbligo
di comportarsi sempre come tale, e di lavorare per la vittoria di Allah in
qualsiasi tempo e in qualsiasi luogo. L'errore gravissimo che da tanto tempo
compie l'Occidente è quello di trasferire il concetto di "fanatismo",
di "integralismo" al mondo islamico, e di considerare una specie di
quello che noi chiamiamo "schegge impazzite", i terroristi. Non sono
tali e se non ci sbrighiamo a comprendere e a comportarci di conseguenza, tutta
l'Europa sarà presto nelle loro mani.
Come
si può credere che esista questo tipo di personaggio hollywoodiano che, essendo
un miliardario, ha l'hobby di organizzare atti terroristici? Questo è un tipico
modo di rappresentazione occidentale, ma -possiamo esserne certi - nessuno
appare più imbecille di noi agli occhi musulmani. Tutto il mondo islamico
lavora da anni per la conquista dell'Occidente, stabilendo la sua base in
Europa, sia inviando migliaia di fedeli, organizzandone i viaggi e eregendovi
moschee; sia facendo studiare nelle Università europee e americane le proprie
classi dirigenti che (se lo metta bene in mente la Chiesa) non soltanto non si
convertono mai al cristianesimo, ma viceversa operano con sempre maggiore
successo nel convertire i cristiani all'islamismo.
Punto
terzo. È da molto tempo, ormai, che gli organizzatori della conquista
dell'Occidente, fanno in modo che l'attenzione sia tutta concentrata sulla
questione palestinese, ma si tratta di un'astuzia, dolorosa quanto si vuole, ma
un'astuzia, nella quale sono stati stupidi gli occidentali a cadere. Il
problema ebraico sarà drammaticamente più grave quando i musulmani avranno
raggiunto il predominio in Europa. È questo il vero pericolo, e l'Unione
Europea, con i suoi confini che non esistono, il suo sudorientalismo, il suo
favore verso l'Africa, che è già quasi tutta musulmana, ha reso estremamente
più facile questo predominio. Chi può pensare che l'esistenza della più grande
moschea d'Europa nel quartiere d'elite di Roma, non ne rappresenti già il
simbolo concreto?
Punto
quarto. Noi ce li rappresentiamo sempre come dei poveri, ma nulla è più
sbagliato. I loro Paesi sono ricchissimi, perché possiedono il petrolio e le
pietre preziose. Se non investono le loro ricchezze nel benessere sociale è
proprio perché sono tutti d'accordo con i loro governanti nel voler far vincere
Maometto, concretamente impadronendosi dell'Europa e, attraverso l'Europa,
distruggendo il modo di vivere americano. Siamo noi degli ingenui a pensare che
ci invidino. Non ci invidiano affatto, anzi. Vedono con occhi privi del velame
occidentale: dei poveri maschi imbelli, assillati dalla puntualità e dalla
fretta, le cui donne li comandano, li abbandonano, se ne vanno in giro nude
come prostitute e gli fanno, quando va bene, un solo figlio; dei vecchi
anch'essi abbandonati, nella solitudine e nella tristezza degli ospizi e delle
case per anziani...
Dunque,
adesso non c'è più tempo. Smettiamola di parlare con tutti la nostra lingua,
nella presunzione che debba essere capita e accettata. Viene capita nel solo
significato possibile: siamo deboli, privi di difese e dunque conquistabili.
Abbiamo addirittura fatto nostro l'inverso del vecchio e sempre valido motto
dei Romani: invece del "se vuoi la pace sii pronto alla guerra",
diciamo: "Se vuoi la guerra, sii pronto alla pace". Ci siamo arrivati.
A forza di parlare di pace, ci troviamo in guerra. L'attacco all'America
dimostra che scorrono fiumi di denaro per pagare proseliti, connivenze, spie,
traditori, insieme con esperti e strateghi di grandissimo livello. Non sono
"martiri", altro termine nostro che non ha nulla a che fare con dei
guerrieri: i martiri sono stati soltanto quei primi cristiani che
"maravigliavano" il mondo perché rifiutavano le armi, non si
difendevano, andavano incontro alla morte senza alzare un dito. Sono combattenti
abilissimi, per far fronte ai quali dobbiamo inventarci altri modi di fare la
guerra.
Il
Giornale - Sabato, 15 settembre 2001